giovedì 31 agosto 2017

I nomi delle automobili





Volevo raccontare qualche aneddoto sulla nascita dei nomi delle auto e mi sono imbattuta in questo articolo https://www.avvenire.it/economia/pagine/nomi-delle-auto,
che parla di un libro sull'argomento:"I nomi delle automobili" di Enzo Caffarelli. Qualcosa quindi, lo copio da qui e qualcosa dall'immancabile Wikipedia.





Spesso è il cognome del proprietario o dell'azienda (Pininfarina, Porsche, Bianchina da Bianchi) a dare il nome al marchio e al modello, ma non mancano i casi in cui l'ispirazione venga dalla cilindrata, dal numero di cavalli o addirittura degli sportelli (Maserati Quattroporte).
 
Giulietta, invece, è uno dei primi nomi di donna abbinato a un'auto di serie. C'è anche un aneddoto legato al suo battesimo. «In occasione di una cena - si legge nel libro - tra dirigenti dell'Alfa Romeo, unica donna la signora De Cousandier moglie del poeta ingegnere Leonardo Sinisgalli, allora consulente per la pubblicità di Finmeccanica, il gruppo fu avvicinato da un principe russo, un esule che per guadagnarsi la giornata intratteneva i clienti improvvisando poesie e battute. E a quel tavolo pronunciò la frase: «Siete sette romei, e ora avete anche una giulietta...». L'ispirazione sarebbe venuta immediatamente ai commensali, associando il concetto di "fidanzata di Milano" come avrebbe voluto essere la nuova vettura, e la lettura in chiave shakespeariana della seconda parte del marchio Alfa Romeo".



La Volkswagen Golf. Fu il progettista Giorgetto Giugiaro a suggerirne il nome influenzato da una delle manopole disegnate per la leva del cambio, la cui forma ricordava la pallina da golf. Un nome che ha resistito per sei generazioni, e ha portato fortuna alla vettura che resta da tempo immemorabile la più venduta in Europa e la seconda in assoluto al mondo.


Infine ci sono sigle che alludono al veicolo ma che sono anche acronimi: Mi.To, per esempio, è l'acronimo di Milano e Torino, le due capitali italiane della storia dell'auto, originarie sedi di Alfa e Fiat.







 Particolare anche la storia dei logo e dei loro colori: il "cavallino rampante" della Ferrari è quello dell'aviatore Francesco Baracca, regalato dalla madre dell'eroe al pilota Enzo Ferrari come portafortuna e il giallo che fa da sfondo è il colore della città di Modena. Il cerchio della Volvo richiama invece l'antico simbolo chimico del ferro utilizzato in Svezia per la produzione di auto. Il toro invece nasce dalla passione di Ferruccio Lamborghini per il mondo delle corride ma anche dal suo desiderio di rivalsa nei confronti di Ferrari.






Per quanto riguarda la Mercedes, questa è la storia:
Un esemplare della Daimler Riemenwagen venne acquistato nell'ottobre del 1897 da Emil Jellinek, console generale austro-ungarico a Nizza (Francia), nonché abile uomo d'affari ed appassionato di automobili e corse automobilistiche.
Per correre con le autovetture Daimler, Jellinek utilizzava sempre uno pseudonimo, consistente semplicemente nel nome di battesimo della sua figlia prediletta, Mercedes. Quando egli ordinò la produzione di ben 36 esemplari di nuove autovetture da competizione, impose anche di battezzare i propulsori con il nome Mercedes. 






Alla luce degli ottimi risultati conseguiti in gara dalle autovetture equipaggiate con i motori Daimler-Mercedes e della notevole popolarità da essi conseguita, la Daimler Motoren Gesellschaft decise così di fare del nome Mercedes un vero e proprio marchio.






E poi ho trovato questa ricerca:





Vi siete mai domandati quale origine abbiano i nomi delle automobili che tutti i giorni vediamo sui listini? Alcune marche seguono modelli tradizionali, che rappresentano il filo rosso della tradizione: molti dei veicoli commerciali Fiat ad esempio prendono il nome da storiche valute (Scudo, Ducato, Fiorino), Maserati sceglie i venti (Bora, Ghibli, Mistral) e Lamborghini è fedele ai nomi ed alle razze dei tori, mentre il nome David Brown – imprenditore che rilevò il marchio nel 1947 – è comune a quasi tutte le Aston Martin.

Le case orientali adottano spesso termini mutuati dalla lingua italiana, come ad esempio la Suzuki Cappuccino, la Nissan Serena e la Hyundai Lavita, alter ego della nostra Matrix. Mojomotors ha quindi realizzato un’interessante infografica (qui il link per vederla a tutta grandezza), con la quale ha suddiviso 215 nomi in base alla categoria di riferimento. La gran parte delle automobili è venduta oltreceano, ma ci sono anche alcune vetture presenti in Europa.

Scopriamo pertanto che la gran parte delle aziende (21.9%) predilige località geografiche, tema seguito da nomi riguardanti l’avventura (19.53%), la natura (14.42%), la cultura (9.76%) ed i trasporti (6.98%). È curioso notare come solo il 2.33% delle denominazioni riguardi l’ambito della tecnologia, materia che sembra non stuzzicare la fantasia degli esperti di marketing: Mojomotors ha incluso nella lista solo le Chevrolet Volt e Saturn Ion.













I

mercoledì 30 agosto 2017

Il bosco che suona

In Trentino , nelle foreste della Val di Fiemme, c'è un luogo conosciuto con il nome di "bosco che suona", dove si  custodisce il segreto per la costruzione dei violini perfetti.




Nella foresta , tra più di 60 milioni di alberi, molti dei quali ultrasecolari, crescono infatti degli esemplari anomali di abete rosso, con caratteristiche meccaniche e acustiche uniche al mondo.
 
Il legno dell'abete rosso è particolarmente elastico, trasmette meglio il suono e i suoi canali linfatici sono come minuscole canne d'organo che creano risonanza.
 
Si tratta dunque di un materiale molto pregiato e conosciuto come tale già da Antonio Stradivari e da altri maestri liutai del '600 e del '700 , che da Cremona venivano qui per acquistare il legno più adatto per la costruzione di  strumenti musicali a corda, come organi, pianoforti , violini, viole ed altri ancora.




 
 
Gli abeti rossi vengono solitamente abbattuti in luna calante, tra ottobre e novembre, quando nel tronco c'è minor quantità di linfa e gli alberi migliori si riconoscono per gli anelli di crescita molto sottili e perfettamente concentrici, con fibre diritte e fini e scarsa presenza di nodi.
 
Vista la peculiarità e il pregio di questo legname, gli abeti rossi vengono abbattuti con grande attenzione da parte di pochi ed esperti boscaioli, capaci di capire se il legno "suona" prima ancora di estrarlo.




 
Durante l'estate alcuni musicisti di fama internazionale che partecipano al festival di musica in quota "I Suoni delle Dolomiti", sono invitati a partecipare ad un singolare battesimo degli alberi nel bosco che suona: ad ogni artista viene associato un abete dotato di una storia e di un carattere unici. Il musicista esegue un brano in onore del suo albero e l'intera foresta lo accompagna.
 




 
Passeggiare in questi boschi è comunque un'esperienza emozionante in tutte le stagioni,  quando i raggi del sole si fanno strada tra i fitti rami degli alberi, quando dal sottobosco sale il profumo della terra umida e della resina e quando con la neve cala il silenzio più profondo.


 
Accanto agli abeti rossi si alzano quelli bianchi ,  più in alto il larice e il pino cembro; nel sottobosco abbondano mirtilli neri e rossi e ,nelle zone meno frequentate dagli escursionisti amanti della montagna, non è improbabile assistere alle passeggiate dei cervi.
 
 

 
 
 
 

martedì 29 agosto 2017

Wendy Ng





Wendy Ng è nata a Hong Kong, educata negli Stati Uniti, Belgio e Regno Unito.
Nel suo cuore ha sempre sognato di studiare arte.
E' stata anche addestrata alla Wimbledon School of Art di Arte e Design.
Ng ha anche un background in pubblicità e nell'editoria.
Dipinge nella forma tradizionale, ma realizza le sue idee sperimentando modelli e texture creativi in equilibrio tra la vita reale e la Abstract Art.
Wendy Ng cattura la bellezza e la femminilità con la sua arte nel ritratto femminile e lo rende speciale con la sua capacità di fondere l'astratto al realismo.
Con emozioni catturate in ogni viso dei suoi soggetti, è anche in grado di creare una patina di vari modelli, che comprende un sottile tocco di arte geometrica, foglie, petali, ornamenti floreali, sfere, pixel, piazze, e molte altre forme.
Il modo in cui sapientemente fonde questi mezzi decorativi nel ritratto è davvero sorprendente.































lunedì 28 agosto 2017

Viaggio in Islanda

La meta scelta per le vacanze di quest'anno è stata l'Islanda, terra verso cui ci spingeva non solo la voglia di scappare dal caldo opprimente che ormai imperversa nelle nostre estati, ma anche l'interesse per una natura sicuramente molto diversa da quella che ci circonda qui, a casa.
Fossimo stati più giovani, avremmo preso un aereo e poi noleggiato là una macchina, per girare a nostro piacimento e cambiare posto ogni giorno, ma l'età ha le sue esigenze, quindi abbiamo optato per una crociera, che ci avrebbe portato intorno all'isola, permettendoci di lasciare i bagagli a bordo e di stancarci di meno. In cambio abbiamo potuto scegliere solo fra un numero limitato di escursioni e, data la distanza,  ci siamo sorbiti, tra andata e ritorno quattro lunghi giorni di navigazione in un mare dove non era il caso di mettersi a prendere il sole sulla piscina del ponte: il sole era nascosto dalle nuvole e il vento la faceva da padrone.

La nave salpava da Amburgo, città intravista nel percorso dall'aeroporto al porto e di cui abbiamo avuto ottima impressione.
La prima sosta, dopo un giorno di navigazione, a Invergordon- Scozia.
La cittadina è piccolissima, molto accogliente, tanto che in chiesa era preparata, per i viaggiatori che lo desideravano, una tavola imbandita per la prima colazione.



La particolarità di Invergordon sono i murales sulle case:










 Da qui c'era un'ampia scelta di escursioni, tra cui quella ad Inverness, per cercar di vedere Nessie, sul Loch Ness, ma, data la scarsità di chances per quel verso, abbiamo preferito andare a vedere il castello di Dunrobin e la cittadina di Dornoch.





Il castello è il più grande di tutte le Highlands settentrionali e conta ben 189 stanze arredate magnificamente. Purtroppo all'interno non si potevano scattare fotografie e la cosa mi è dipiaciuta molto perchè mobili, arredi, suppellettili erano davvero stupendi. Ho ammirato una collezione di gioielli antichi e, soprattutto una gran quantità di libri, libri dovunque, non solo nella boblioteca, ma in ogni stanza, in ogni angolo. 




La bellezza di questo castello, a mio parere, è data dal suo arredamento non antichissimo, ma abbastanza recente. Guardandomi in giro, non mi sentivo in un museo, ma in stanze calde e  accoglienti, che avrebbero benissimo potuto essere la mia casa ideale.

I giardini alla francese, che si affacciano sul mare, invece, si possono fotografare:





























Il paesaggio che si vede dai finestrini dell'autobus è quello bucolico di pecore e mucche al pascolo e di campi di orzo a perdita d'occhio. Questa, ricordiamolo, è la patria del whisky simple o double malted, non so, ma che comunque si ottiene dalla fermentazione dell'orzo.






Dopo un altro giorno di navigazione e aver festeggiato il passaggio del circolo polare artico, 






 finalmente arriviamo in Islanda, a Reykjavik, che non visitiamo perchè, non potendo vedere tutto, e dovendo scegliere,  siamo convinti che da queste parti la natura sia più interessante delle città.






L'escursione del primo giorno ci porta a vedere le cascate degli dei, le Godafoss. La leggenda narra che verso il 1.000 dopo Cristo, il capo tribù Thorgeir, dopo essersi convertito al cristianesimo, dovette gettare nelle cascate le statuette raffiguranti gli dei pagani. Da qui il nome della cascate.








Decisamente maestose! Interessante, inoltre, che prima di arrivarci, siamo nel punto della terra dove si incontrano/scontrano le piattaforme tettoniche dell'America e dell'Eurasia. Noi ci camminiamo in mezzo per ammirare il lago Myvatn








Dopo un assaggio della cucina locale, decisamente di mio gusto ( zuppa di patate e cipolle e poi salmone), visitiamo il parco geologico Skutusadir, dove per la prima volta vediamo alzarsi all'improvviso da una buca nel terreno un altissimo soffione di acqua vaporizzata, che fa un'autentica doccia a chi si trova a favore di vento ( io l'ho scampata!).








Il secondo giorno prevede un'escursione chiamata Il cerchio d'oro. E' una gita molto lunga, con qualche sosta per ammirare da vicino il parco naturale di Thingvellir, sito dichiarato patrimonio dell'umanità dall'Unesco. Questo sito è considerato sacro dagli islandesi e qui è nato il primo parlamento legislativo.



















Il giorno dopo, ad Isafjordur, decidiamo di cambiare l'escursione che avevamo scelto da casa e che prevedeva un bagno nella laguna blu. Da casa sembrava una gita piacevole, ma poi, quando siamo stati là, ci siamo resi conto che: due ore a bagno per noi sono troppe, che spogliarsi a 5/6 gradi non è piacevole anche se poi ti siedi nell'acqua calda e, soprattutto, che la doccia comune obbligatoria senza costume non era proprio di nostro gusto. A me venivano in mente le docce di Auschwitz e probabilmente non era il caso, ma..tant'è!
Di escursioni disponibili ne sono rimaste poche e noi scegliamo la più deludente di tutto il viaggio: vita e cultura di Isafjordur.




case della cittadina




Chiesa  dove una ragazza del luogo ci canta un paio di ninne nanne. La chiesa è molto piccola, dato che la popolazione è decisamente esigua. Furba, a mio avviso, l'idea di costruire un vestibolo, prima della sala di preghiera, con un bagno e un guardaroba per i fedeli.










Antiche case di pescatori ristrutturate nell'88




Cascata di cui non ricordo il nome



Ovunque, in Islanda, ci sono sorgenti di acqua calda. Questa cascatella, per esempio, nasce là, dove si vede il vapore e genera vapore buttandosi nell'acqua più fredda del fiume.



Siamo attraccati ad Akureyri, dove un piccolo giro in città ci fa capire che qui non si può comperare assolutamente niente: i prezzi sono scandalosi, anche se il semaforo ci ama!








L'ultimo giorno ci riserva la gita più affascinante:
La cascata Gullfoss, cascata d'oro











Il lago dei moscerini: ce ne sono moltissimi e decisamente fastidiosi, ma sono importanti per l'ecosistema del luogo, bellissimo e strano, posto in mezzo a crateri vulcanici ormai ricoperti di erba









dopo una piccola manciata di chilometri, il paesaggio cambia completamente: siamo  in mezzo alla lava eruttata milioni di anni fa:








qui scopriamo l'esistenza dei giovanotti di Natale



che, se non ho capito male, sono degli aiutanti di Babbo Natale e controllano che i bimbi si comportino bene per poter consegnare loro i regali.

E infine arriviamo qui, in questo parco meraviglioso e affascinante, dove è meglio prestare attenzione a dove si mettono le scarpe:




















La nave riparte verso la Scozia e verso sera ci riserva uno spettacolo da telefilm in tv. Qualcuno deve essere stato male e siamo in mezzo al mare, lontani da medici specialisti e ospedali. Allora ecco cosa succede:







Non so che cosa sia successo e spero che la persona trasportata in elicottero si sia ripresa del tutto.


Questa volta non approdiamo sulla terra ferma scozzese, ma sulla principale delle isole Orcadi, Main island.
La mattina scendiamo a terra per conto nostro per visitare Kirkwall, paesino caratteristico, ospitale e divertente perchè qui si ritrovano prezzi ragionevoli e ci si può scatenare con l'acquisto di qualche regalino da portare a casa. 
Ma prima andiamo a vedere la cattedrale di Saint Magnus, del XII secolo, chiamata "luce del nord":










e poi le rovine del palazzo vescovile e l'Earl's palace:






e il municipio:






Nel pomeriggio andiamo in escursione a vedere le scogliere della costa, passando ancora tra colline, campi di orzo e pascoli dove vive un'enorme quantità di animali. Le foto scattate dal finestrino del pullman in corsa non possono rendere l'idea della vastità del panorama e del senso di quiete, ma anche di solitudine che emana:










Le scogliere sono a picco sul mare, sono molto friabili e la guida ci raccomanda di stare indietro, di non affacciarci, perchè sono belle, ma pericolose:










Arriviamo al Cerchio di Brogar, un cerchio di pietre neolitiche più antico di Stonehenge, il terzo in ordine di grandezza nel Regno Unito e costruito circa 4.500 anni fa:



















anticamente il cerchio era circondato da un fosso, ormai pieno di vegetazione. Noi dobbiamo stare attenti a non calpestare l'erica e la torba e  perchè, soprattutto quest'ultima, è molto delicata e, una volta morta, ci impiega moltissimi anni a riformarsi:








La sera, quando la nave riparte, come era successo anche ad Invergordon, una banda scozzese viene a darci un saluto con il suono delle cornamuse. Gli scozzesi sono stati ovunque molto amichevoli e gentili:




E' l'ultima notte di navigazione e la mattina siamo di ritorno ad Amburgo. Poichè il nostro aereo parte verso sera, facciamo l'ultima escursione per visitare la città, che ci era sembrata così bella al nostro arrivo. E bella lo è davvero per quel poco che vediamo. purtroppo il tempo è pochissimo, mentre le cose da vedere sono molte e, forse, anche diverse da quelle proposte dalla guida. Qui bisognerà ritornare, per poter dire di averla vista davvero.















Il viaggio è stato all'altezza delle aspettative. Rimpianti? Si! Non avere il dono dell'ubiquità e quindi non aver potuto fare altre escursioni  ed essermi persa le balene, i pulcinella di mare, i cavalli islandesi, che sono particolari, Lochness e un altro castello in Scozia che sono certamente interessanti. Ma soprattutto mi dispiace non essere stata sveglia dopo la mezzanotte quando chi lo è stato ha potuto vedere l'aurora boreale per ben due sere di fila. Mannaggia....